Durante la festa di San Filippo, molti uomini e donne vittime di possessioni demoniache venivano condotti presso l’Abbazia di Agira per essere liberati. In quell’occasione, tuttavia, solo una donna di Lentini non trovò la pace. La donna fu condotta presso la sagrestia, dove fu circondata da molti sacerdoti che, con esorcismi e orazioni, si sforzavano di scacciare da lei quello spirito infernale. Ma ogni loro fatica risultava vana. A un certo punto, un uomo proveniente da Catania diede segretamente a uno di quei sacerdoti un mazzo di viole, avvolto in un poco di carta, che aveva toccato le sacre reliquie di Sant’Agata. Il sacerdote, senza aggiungere parole, poggiò immediatamente le viole sul petto della donna. Questa, dopo aver annusato più volte quei fiori, pronunciò queste parole: “Non ha potuto cacciarmi da qui quello schiavo nero (alludendo a San Filippo), e mi caccerà questa donna catanese (alludendo a Sant’Agata)? Ma niente affatto!” Con queste parole, la donna di Lentini dimostrò chiaramente di essere posseduta e agitata dal demonio nemico di ogni bene.